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PREMIO VOLKSWAGEN MOBILITY ALLA CARRIERA AD ALVISE DE VIDI

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Avendo lei Alvise De Vidi, vinto davvero tante medaglie, ci aiuti ad elencarle.

“Effettivamente la mia carriera è molto lunga, il premio di oggi lo dimostra e ringrazio Volkswagen Mobility per avermelo consegnato. Inizia internazionalmente nel 1987, nel 1988 Seul le prime Paraolimpiadi unificate, poi tutto il percorso: Barcellona, Atlanta, City nel 2000, Atene 2004, mi manca Pechino 2008, sono però tornato a Londra 2012, sono 14 medaglie, sette ori, tre argenti, quattro bronzi.”

Ma saranno almeno tre generazioni Alvise?

“ Si sono abbastanza, eravamo un po’ tutti ragazzini quando abbiamo cominciato. Condividevo la camera con Luca Pancalli (Presidente C.I.P. ndr) e spesso con Luca lo ricordiamo. Poi piano, piano siamo diventati uomini e atleti maturi . La mia carriera, ma non solo la mia, è stata longeva, ho avuto la possibilità di vedere il mondo legato alle Paralimpiadi trasformarsi ; basti pensare che quando iniziai si definiva Sport Terapia, per poi diventare sempre più agonistico, professionistico come si è visto da Londra in poi…”

Forse, è bene ricordare alle nuove generazioni quanto sia stato difficile farsi considerare atleti punto e basta.

“Ad essere sincero, io non ho vissuto la parte pioneristica. Quella vissuta da Ruggero Vilnai, Fabio
Amadi per capirci, quando veramente bisognava andare con martello e scalpello ad abbattere i gradini sulle palestre, sulle piscine, sui palazzetti dello sport. Quella fase mi è stata risparmiata per fortuna, ma un grande grazie va a loro, che hanno fatto davvero molto affinché possano far sport anche le persone con disabilità. Io ho vissuto la parte finale del percorso terapeutico sportivo, inizio anni 80 da lì si è iniziato a vedere l’aspetto agonistico con i mezzi, con gli allenamenti, curando sempre più i particolari, c’è stata una continua evoluzione. Un altro spartiacque è stato Sidney, quando veramente gli atleti si allenavano tutti i giorni. Mezzi sempre più tecnologici, cura dell’alimentazione, fisioterapia, cure mediche, veramente una fase sportiva a tutti gli effetti. Per arrivare agli anni 2000 con i grandi personaggi, tanto per citarne due su tutti Oscar Pistorius, Alex Zanardi. Loro hanno cambiato l’aspetto che rimaneva ancora legato all’atleta disabile, si è così passati all’atleta dalle grande perfomance, indipendentemente che usi una bicicletta, una carrozzina, le scarpette da atletica, un costume da nuoto o un mezzo tecnologico che usiamo nei nostri esercizi. E’ stato veramente un cambiamento radicale, chi inizia adesso, non si rende conto delle difficoltà che noi abbiamo vissuto, dal dormire in camerata, i pochi bagni…. Nessuno, e quando dico nessuno intendo proprio nessuno, che ci guardava, che ci intervistava, i mass media ci ignoravano e quando non lo facevano erano servizi se non pietistici di colore, ne cito uno su tutti : “Gli eroi coraggiosi” ; invece non è vero facciamo tanti sacrifici, come del resto fanno tutti gli altri sportivi per ottenere il massimo dal nostro fisico, per ottenere la miglior performance che il nostro corpo è in grado di fare. Lo si è visto alle edizioni Paralimpiche di Londra, dove si esasperava ogni aspetto, per arrivare possibilmente al podio, ma anche per vivere quelle grandi esperienze che sono le Paralimpiadi di odierne.”

Pensa che si arrivi ad avere la Paralimpiadi all’interno delle Olimpiadi?

“Di questa cosa se ne parla da diversi anni. Non sarà facile, è un percorso che ritengo personalmente ancora lungo , su alcuni sport sì, in altri bisognerà vedere. L’importante è, come è stato fatto in questo quadriennio, che le Federazioni si facciano capo anche dell’attività Paralimpica, abbiamo tante federazioni importanti il ciclismo, la vela, il tennis tavolo, il tiro con l’arco e tante altre, che al loro interno hanno anche la sezione Paralimpica e questo è stato davvero un cambio culturale. A livello Olimpico è un po’ più difficile, abbiamo visto anche in Italia, recentemente con la nuova dirigenza CONI che è fattibile, ma ci vorrà tempo, anche a livello internazionale io non sarò di certo, un atleta, che avrà l’opportunità di vivere questa grandissima esperienza. L’importante è però, che quando accadrà avvenga con dignità, rispetto dei propri ruoli e delle proprie funzioni , non svilire il nostro movimento e non ridurlo a pochissime competizioni perché sono spettacolari e fanno un bel vedere, deve essere una Olimpiade unificata con la possibilità di partecipare tutti.”

 

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Conosce il progetto Mobility Volkswagen?

“ la mobilità è davvero importante per tutti, tanto più per una persona con disabilità motoria. Potersi muovere significa poter andare ad allenarsi , divertirsi , gareggiare, partecipare a competizioni per tutta Italia, Europa…Lla possibilità di muoversi in maniera indipendente è fondamentale è lo è sempre stato. Personalmente ho avuto un percorso difficile 25 anni fa per l’ottenimento della patente, ma grazie alla tecnologia ho superato anche questo. Ovviamente c’è da ringraziare ditte come Volkswagen che si impegnano con veicoli sempre più evoluti e tecnologici, sempre più adatti alle nostre esigenze. Straordinaria la collaborazione con il CIP, che ha visto la luce da poco, siglata la fornitura di diversi mezzi che permettono di muoversi ai nostri campioni, ai nostri dirigenti, ai nostri atleti, al nostro personale. Perciò mi sento di dire un doppio grazie non solo per il Premio alla Carriera, ma anche per quello che Volkswagen sta facendo nel nostro movimento Paralimpico e speriamo che questa collaborazione dia grandissimi frutti e possa aiutare il nostro movimento ad essere sempre più indipendente e allo stesso tempo alla Volkswagen permetta di creare mezzi sempre più adatti e confortevoli per noi atleti e non solo per noi atleti.”

 

PROGETTO VOLKSWAGEN MOBILITY PER I DISABILI

Valter Nicoletti –  valternicoletti@disabilinauto.it

 

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